La comunità cristiana è ancora
sotto shock per la strage di ieri a Peshawar, nel nord del Pakistan, dove due
attentatori suicidi si sono fatti esplodere all'esterno di una chiesa
protestante provocando un centinaio di morti e oltre 130 feriti, alcuni dei
quali gravi. Unanime la condanna di leader religiosi - cattolici, protestanti,
musulmani - che pregano per le vittime e per i loro familiari. In una nota
della Conferenza episcopale (Pcbc), a firma del presidente mons. Joseph Coutts -
arcivescovo di Karachi - si esprime una "ferma condanna" nei
"termini più forti" per quello che viene definito un "attacco
verso uomini, donne e bambini innocenti". In varie città del Paese si sono
tenute manifestazioni di protesta contro l'attacco kamikaze, rivendicato dal
gruppo estremista islamico Jandullah, già noto in passato per attacchi
contro la minoranza sciita e la morte di nove alpinisti stranieri - impegnati
nella scalata dell'Himalaya - nel giugno scorso.
Foto di Asia News |
Ieri mattina, al termine della
funzione domenicale, due kamikaze si sono fatti esplodere nei pressi della
chiesa protestante di Tutti i Santi a Kohati Gate, a Peshawar, capitale della
provincia di Khyber Pakhtunkhwa, nel nord del Pakistan. Lo storico edificio,
costruito nel 1883 prendendo spunto dalle moschee, è rivolto verso la Mecca e
costituisce un edificio simbolo del tentativo di pace, armonia e convivenza
pacifica fra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana. Al momento
dell'attacco - favorito dalle scarse misure di sicurezza predisposte dalle
autorità locali, nonostante l'edificio sorga in quella che viene considerata la
"zona rossa" - erano presenti almeno 600 persone.
Nel suo messaggio il
presidente dei vescovi pakistani parla di gesto "vergognoso e
codardo" ed esprime dolore per la predita di "così tante vite
innocenti" e "solidarietà" alle famiglie. Il prelato annuncia
inoltre la chiusura di tutti gli istituti educativi cristiani dal 23 al 25
settembre "in segno di lutto e protesta". Mons. Coutts invoca inoltre
"speciali preghiere" per "quanti sono stati martirizzati e i
feriti", lanciando al contempo un appello all'intera comunità cristiana
perché "mantenga la calma ed eviti gesti violenti". Egli si rivolge infine
al governo, perché "prenda tutte le misure necessarie per catturare i
responsabili" e misure urgenti per "proteggere i luoghi di culto
delle minoranze religiose" contro attacchi che hanno raggiunto
"proporzioni allarmanti".
Solidarietà e condanna viene
espressa anche da altri leader cristiani e musulmani. Il vescovo di
Islamabad/Rawalpindi mons. Rufin Anthony parla di "evento terribile"
per un Paese "piagato dal terrorismo". "Le minoranze vivono in
condizioni di insicurezza a causa delle politiche governative" aggiunge il
prelato, che invita i cristiani "a protestare in modo pacifico e a non
provocare incidenti" a fronte di un momento in cui è "necessaria la
massima unità". Oggi, fra l'altro, gli attivisti di Apma - come
annunciato ieri da Paul Bhatti ad AsiaNews - terranno
un'imponente (ma pacifica) manifestazione a Islamabad.
Cordoglio viene espresso da
Maulana Tahir Ashrafi, presidente del Consiglio degli ulema, il quale
sottolinea la vicinanza "ai nostri fratelli e sorelle cristiani".
"È vergognoso che il governo - aggiunge il leader musulmano - non riesca a
proteggere le minoranze in Pakistan", la cui Costituzione prevede "la
tutela dei loro diritti". "Chiediamo - conclude - che le minoranze
siano protette". Di scena "devastante" parla infine p. Chand
Gill, sacerdote a Peshawar, la cui parrocchia si trova poco distante dalla zona
dell'attentato. "L'ondata di violenze e terrorismo - aggiunge - cresce
inarrestabile".
Con più di 180 milioni di
abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più
popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa
l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono
inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Le violenze
contro le minoranze etniche o religiose si verificano in tutto il territorio
nazionale, in particolare i cristiani da tempo obiettivo dei fondamentalisti
islamici. Decine gli episodi di violenze, fra attacchi mirati contro intere
comunità - come avvenuto a Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore nel
marzo scorso - o abusi contro singoli individui, spesso perpetrati col pretesto
delle leggi sulla blasfemia che finiscono per colpire vittime innocenti (ultimo
il caso della minorenne cristiana Rimsha Masih).
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