martedì 10 gennaio 2012

MENO ABORTI IN ITALIA, MA SONO SEMPRE TROPPI


ROMA, lunedì, 9 gennaio 2012 (ZENIT.org) - L’ultima Relazione del Ministero della Salute italiano sulla legge 194 relativa all’anno 2009 (quella sulla legislazione per l’aborto volontario) riferisce che in quell’anno quasi 117.000 bambini non hanno potuto vedere la luce, mentre nello stesso 2009, 568.857 sono nati vivi. Si è però registrato un calo degli aborti nel nostro paese: passati, nel 2009 rispetto al 2008, da 121.301 a 116.933 (-4368, pari al 3,6%). Nel 1982, anno del triste record (234.801 casi), la diminuzione è di oltre il 50%.
I dati dicono anche che le lavoratrici sono la categoria che fa ricorso più frequentemente alla IVG (Interruzione volontaria di gravidanza). La Lombardia (con quasi 10 milioni di abitanti) è dove si abortisce di più (19.700 casi, -4,2% rispetto al 2008). Le regioni più virtuose sono la Valle d’Aosta (217 casi, -9,6%) e la Basilicata con un calo di quasi il 10% (700 casi), mentre solo in Molise il dato appare in controtendenza (634 casi, +5,7%).
All’estero stanno decisamente peggio: l’Italia ha infatti valori tra i più bassi dei paesi europei: gli aborti per 1.000 donne in età tra i 15 e i 44 anni (range d’età europeo) sono il 10,3% in Italia, molto meglio che in Russia (40,3), Romania (31,3), Svezia (21,3), Inghilterra (17,5), Francia (17,4) e Spagna (11,8). Ci battono solo Belgio (9,6), Olanda (8,7) e Germania (7). Infine, un ultimo dato: il 45,5% delle donne italiane che hanno abortito non avevano figli.
Questi i dati che naturalmente non parlano delle tragedie che l’aborto comporta per i bimbi mai nati, per le giovani donne e i loro uomini, per le famiglie a vario titolo coinvolte. La signora Paola Marozzi Bonzi, nel 1984 fondatrice e direttrice del Centro di Aiuto alla Vita (CAV) della clinica Mangiagalli di Milano, che in 27 anni ha salvato 13mila bambini dall’aborto (vedi il Blog dell’11 dicembre 2011), mi dice: “Le donne che hanno scelto di abortire, nella grande maggioranza dei casi subiscono un forte p anche fortissimo trauma fisico e psicologico, del quale spesso non si liberano più del tutto”.
Negli ultimi tempi è venuto sempre più alla ribalta dell’informazione il problema degli aborti, non direttamente per abolire la Legge 194, ma almeno per applicarla con rigore, visto che la Legge afferma e tutti concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire. Se non altro perché noi italiani diminuiamo di più di 100.000 unità all’anno, aumentiamo solo grazie ai circa quattro milioni di lavoratori “terzomondiali” che si sono stabiliti in Italia. Insomma, tutti ormai sanno che in Italia nascono troppo pochi bambini italiani! Almeno quelli che sono stati concepiti e stanno giungendo a maturazione, lasciamoli e aiutiamoli ad uscire dal grembo materno!
Il 30 dicembre scorso, in primissima serata dopo il TG di Rai Uno delle ore 20, nella rubrica Qui Radio Londra con grande coraggio Giuliano Ferrara ha parlato non dell’aborto, ma della vita di un bambino che nasce, con molto garbo e commozione, in modo del tutto laico. Dato che la sera seguente il Presidente Napolitano avrebbe tenuto nelle reti unificate delle Tv il suo annuale “Discorso agli italiani” per augurare Buon Anno a tutti, Giuliano ha avanzato una proposta che credo rappresenti la grande maggioranza degli italiani. “Caro Presidente, ha detto in sostanza, domani sera, nel suo discorso atteso da tanti italiani parlerà di tanti problemi della nostra Italia e la sua parola ha un notevole influsso sui nostri compatrioti. Ebbene, veda di inserire un cenno al dovere che tutti abbiamo di aiutare una  donna, una coppia che vorrebbero avere un bambino ma si orientano verso l’aborto per vari motivi. Aiutare chi è in difficoltà dovrebbe essere cosa normale per ognuno di noi. Caro Presidente della Repubblica (cito sempre a memoria) perché non mettere in agenda questa battaglia civile per la vita? Lei ne ha fatte tante: la sicurezza sul lavoro, i dissesti idrogeologici, l’immigrazione e la cittadinanza per i figli di immigrati… perché non aggiungere anche questa battaglia per la vita? Molti del popolo si sono già mossi in questo senso con il “Progetto Gemma”, nel popolo c’è già questa sensibilità di far nascere il più possibile tutte le vite. Domani sera, dica qualcosa su questo”.
Ecco, la sera del 31 dicembre eravamo molti milioni a sentire il discorso di Napolitano. Non ha parlato della vita che deve nascere e non può per mancanza di solidarietà umana e di sostegno da parte dello Stato italiano. Mi spiace dire che ha deluso molti e ci ha fatto sentire, per quella sera, non pienamente rappresentati dal Capo dello Stato.
di Piero Gheddo.

lunedì 2 gennaio 2012

La benedizione di Benedetto XVI all'umanità e l'appello all'educazione dei giovani

L'omelia del Papa nella Messa di inizio anno e durante l'AngelusCITTA’ DEL VATICANO, domenica, 1 gennaio 2012 (ZENIT.org) – “Gesù è la luce, la via e la pace”. È questo il cuore dell’omelia di Benedetto XVI durante la celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e in occasione della 45aGiornata Mondiale della Pace, svoltasi, questa mattina, nella Basilica di San Pietro.Ha invocato la benedizione di Dio sul mondo il Papa, dicendo: “Nel primo giorno dell’anno, la liturgia fa risuonare in tutta la Chiesa l’antica benedizione sacerdotale,: "Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace" (Nm 6,24-26).“E’ un triplice augurio pieno di luce che promana dalla ripetizione del nome di Dio e dall’immagine del Suo volto - ha proseguito il Santo Padre -. “per essere benedetti bisogna stare alla presenza di Dio, ricevere su di sé il suo Nome e rimanere nel cono di luce che parte dal suo Volto, nello spazio illuminato dal suo sguardo, che diffonde grazia e pace”.Nella Messa d’inizio anno, Benedetto XVI ha dunque donato il suo augurio all’umanità; un’umanità che cerca la pace, che aspira alla giustizia e desidera l’amore: ovvero vivere la stessa esperienza dei pastori di Betlemme.La speranza, quindi, “di stare – come i pastori - alla presenza di Dio e della sua benedizione, non nella sala di un maestoso palazzo, al cospetto di un grande sovrano, bensì in una stalla, davanti ad un ‘bambino adagiato nella mangiatoia’ (Lc 2,16)”, proprio perché “da quel Bambino si irradia una luce nuova, che risplende nel buio della notte”.E’ da Cristo che viene la benedizione, ha affermato ancora il Pontefice “dal suo nome che significa Dio salva” e dal suo volto umano, in cui il Signore “ha voluto nascondere la sua gloria, per rivelarci pienamente la sua bontà”.Un invito, quindi, ad accogliere Gesù perché “Lui è la vera pace” e a farlo attraverso la strada privilegiata che è Maria, Madre di Cristo e Madre nostra, “che ha accolto Gesù in sé e lo ha dato alla luce per tutta la famiglia umana”.“Lei è la ‘benedetta fra le donne’ – ha sottolineato Benedetto XVI - tutta la sua vita è nella luce del Signore, nel raggio d’azione del nome e del volto di Dio incarnato in Gesù, intenta a custodire e meditare nel suo cuore ogni cosa riguardante il suo figlio”.Maria, madre e modello della Chiesa, è Colei che porta la benedizione al mondo intero, la donna che ha accolto Gesù in sé e lo ha dato alla luce per tutta la famiglia umana e che offrendosi a Dio come “terra buona” ha permesso che Egli potesse compiere il suo mistero di salvezza.Benedetto XVI si è soffermato poi sul tema della Giornata Mondiale della Pace di oggi: Educare i giovani alla giustizia e alla pace. “E’ un compito che riguarda tutti – ha affermato - “la famiglia umana, dopo le tragedie delle due grandi guerre mondiali, ha mostrato di esserne sempre più consapevole”.Educare oggi però è una “sfida”, almeno per due motivi, ha precisato il Papa: “In primo luogo, perché nell’era attuale, fortemente caratterizzata dalla mentalità tecnologica, voler educare e non solo istruire non è scontato, ma è una scelta; in secondo luogo, perché la cultura relativista pone una questione radicale: ha ancora senso educare?, e poi educare a che cosa?”.Ha aggiunto inoltre: “Per i giovani oggi è indispensabile imparare il valore e il metodo della convivenza pacifica, del rispetto reciproco, del dialogo e della comprensione” in quanto essi “sono per loro natura aperti a questi atteggiamenti, ma proprio la realtà sociale in cui crescono può portarli a pensare e ad agire in modo opposto, persino intollerante e violento”.“Solo una solida educazione della loro coscienza – ha concluso - può metterli al riparo da questi rischi e renderli capaci di lottare sempre e soltanto contando sulla forza della verità e del bene”.Emerge in questo la responsabilità educativa della famiglia, della scuola e anche delle religioni, chiamate a far conoscere che Dio è amore, è giusto ed è pacifico.“Si tratta essenzialmente di aiutare i bambini, i ragazzi, gli adolescenti, a sviluppare una personalità che unisca un profondo senso della giustizia con il rispetto dell’altro, con la capacità di affrontare i conflitti senza prepotenza, con il perdono e la riconciliazione”.A mezzogiorno il Papa si è poi affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico per la preghiera dell’Angelus con i fedeli riuniti in Piazza San Pietro, in occasione del quale ha ribadito l’urgenza di offrire ai giovani nuove opportunità per la loro vita.“I giovani guardano oggi con una certa apprensione al futuro, manifestando aspetti della loro vita che meritano attenzione, come il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale”.L’appello, infine, ai responsabili delle nazioni perché s’impegnino a cessare “le guerre, le divisioni e le inimicizie tra gli uomini” e l’auspicio che ci sia “riconciliazione e perdono nelle aree di conflitto, oltre che una più giusta distribuzione delle risorse della terra”.Benedetto XVI ha concluso il suo discorso ai fedeli rivolgendo un “deferente augurio” al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, e augurando all’intero popolo italiano “ogni miglior auspicio di pace e di prosperità per l’anno appena iniziato”.